Il Medioevo dei Comuni

“Il Medioevo dei Comuni”. Terzo appuntamento: la Lega Lombarda

Nel XII secolo, la prosperità economica e una libertà politica di fatto avevano portato alla creazione del Comune, inizialmente come una società dei maggiorenti che, in ogni città, stabilivano di reggersi attraverso un patto di mutuo accordo a cui i cittadini dovevano sottostare. Questa nuova forma di governo prese spazio in una situazione in cui, di diritto, il potere era dei re d’Italia, la cui corona era legata a quella germanica. Di fatto, però, quel sistema non funzionava più, tanto da aver creato un vuoto giuridico. Ciò accadde perché le invasioni barbariche prima e la lotta per le investiture poi avevano polverizzato il potere centrale, in un’Italia ora divisa in tre parti. Al sud, vigeva la monarchia dei normanni d’Altavilla; al centro, vi erano signorie e città senza un’identità comune, ma che poi avrebbero formato lo Stato della Chiesa; mentre al nord, cioè dalla pianura padana alla Toscana, si estendeva il Regno d’Italia, la cui corona era affidata all’imperatore germanico, scelto dai grandi feudali germanici. L’idea di unire le due corone non era stata accettata volentieri dai feudatari italici, che erano di origine franca o longobarda, tanto che nel 1024 avevano dato alle fiamme il palazzo imperiale di Pavia, centro giuridico e amministrativo del regno; un gesto che aveva aperto il vuoto che i Comuni hanno colmato.

Questa situazione giovava in modo particolare alla città di Milano perché il vuoto di potere aveva fatto cadere in prescrizione alcuni iura regalia, ossia i diritti del re, e aveva permesso che di altri si appropriassero signori feudali e città. Ciò aveva consentito ai milanesi di creare un’egemonia territoriale, dato che avevano usurpato alcuni diritti regi e avevano obbligato i feudali ad allearsi con loro, piegando le città vicine. Milano era forte e usò la sua forza per espandersi e prosperare, sfruttando l’assenza dello Stato per creare un impero regionale.

I problemi iniziarono a nascere, però, quando, nel 1152, la corona del Regno d’Italia finì sulla testa di Federico di Hohenstaufen, il Barbarossa, e questi dovette compiere il viaggio verso Roma per riceverla dalle mani del papa. Federico si dimostrò subito un sovrano diverso dai suoi predecessori. Lui sapeva che, per assicurarsi che il trono rimanesse nelle sue mani il più a lungo possibile, non doveva occuparsi solo della Germania, ma anche del Regno d’Italia, istituendo ovunque un forte potere territoriale. Nella dieta di Costanza dell’anno successivo, il nuovo imperatore si rese conto di quanto la situazione nel nord Italia fosse sfuggita di mano. Federico non poteva più permettere che feudali e città uscissero dal quadro istituzionale del regno d’Italia, non poteva più tollerare usurpazione illegittima dei diritti regi; Milano, invece, era ormai abituata a fare a meno del potere centrale e, all’epoca, la consuetudine valeva quanto la legge. Entrambe le parti avevano un pezzo di ragione e lo scontro era inevitabile.

Fu nella dieta di Roncaglia del 1154 che le città sottomesse da Milano denunciarono le usurpazioni da lei commesse e fu in quest’occasione che Federico poté farsi un quadro completo del groviglio di alleanze e inimicizie su cui si basava l’impero milanese. Quando lasciò Roncaglia, il nuovo re incappò in una serie di episodi contro Milano, prima sul Ticino, poi nel Monferrato, tra alleati e nemici dei milanesi. Nel 1155 arrivò a Roma e fu incoronato ma, sulla strada del ritorno, i veronesi cercarono di fermare l’esercito imperiale e Federico, dubbioso sul fatto che dietro le spade di Verona ci fosse lo zampino di Milano e inasprito dalle vicende dell’incoronazione, prese una decisione: Milano fu messa al bando. Le fu tolto il diritto di battere moneta, di percepire le rendite pubbliche, nonché l’autorità, mentre alle città vicine veniva vietato di intrattenere rapporti con lei. Come reagì Milano? La sua fedeltà all’impero non era in discussione, ma le pretese dell’imperatore non suffragate dalla consuetudine vennero respinte. Quindi, i milanesi lavorarono sulle alleanze per consolidare la loro egemonia perché, anche se non pensavano di allontanarsi dall’impero, volevano salvaguardare i diritti acquisiti.

Nel 1158, Federico organizzò una nuova spedizione in Italia per piegare Milano e, all’inizio di agosto, cominciò l’assedio; al fianco dell’esercito imperiale, però, vi erano anche i soldati di tutta l’Italia settentrionale. Dopo circa un mese di assedio, Milano (piegata da una pestilenza e dalla carestia) capitolò e stipulò un accordo in base al quale avrebbe dovuto giurare fedeltà, rinunciare ai regalia, sborsare una forte indennità, fornire ostaggi e contribuire alla ricostruzione di Lodi e Como (che erano state distrutte a causa di un nuovo giuramento di fedeltà a Milano, cui erano state obbligate, che escludeva la clausola di riserva della fedeltà all’impero, il quale aveva provocato Federico e la sua ira).

Tuttavia, la pace tra Federico e Milano ebbe vita breve.

Nella dieta di Roncaglia del successivo novembre, Federico affermò che tutti i diritti regi che in passato erano stati delegati in maniera legittima potevano rimanere in uso a chi li deteneva, mentre tutti gli altri dovevano essere restituiti all’amministrazione imperiale; vietò anche la stipulazione di patti tra le città. A tal fine, una commissione visitò le città lombarde una per una per insediare nei governi dei funzionari che avrebbero governato a nome dell’impero. Quando la commissione arrivò a Milano una parte dei cittadini si sollevò pretendendo che le magistrature fossero scelte dalla città, costringendo i commissari imperiali a scappare. Ad aprile dell’anno seguente, poi, i milanesi fecero un affronto al Barbarossa, riconquistando il castello di Trezzo sull’Adda, facendolo infuriare. Milano fu dichiarata di nuovo ribelle. Ed era ancora guerra con la Lombardia.

Ma la morte di papa Adriano IV, nel settembre del 1159, giocò un brutto scherzo all’imperatore. Il conclave, diviso in fazioni, portò all’elezione di ben due papi: Vittore IV e Alessandro III, provocando uno scisma all’interno della Chiesa. A questa situazione avrebbe dovuto porre rimedio Federico nel concilio di Pavia del febbraio seguente in cui avrebbe pronunciato sentenza solenne, scegliendo il legittimo papa. Al concilio, però, non si presentò Alessandro III, che non si sarebbe mai sottomesso al potere temporale. Di conseguenza, Federico confermò come papa Vittore IV, rendendo irreversibile lo scisma e facendo di se stesso uno scismatico, tanto che Alessandro III lo scomunicò. Il Barbarossa non era più un imperatore e i suoi sudditi erano sciolti dal giuramento di fedeltà.

Nell’estate del 1161, Federico diede vita a nuovo assedio di Milano per spingerla ad accettare i dettati della dieta di Roncaglia, convinto da parte dei suoi consiglieri che vedevano la questione milanese centrale per risolvere le conseguenze dello scisma della Chiesa. La città si arrese dopo quasi sei mesi e l’imperatore fece salva la vita ai traditori milanesi, ma ordinò la distruzione delle mura, il riempimento dei fossati e lo svuotamento della città: Milano doveva essere cancellata e le città nemiche (Cremona, Lodi, Novara, Como e Pavia) si occuparono della sua distruzione, chiese comprese. Radendo al suolo Milano, le città alleate di Federico avevano creduto di potersi spartire il potere della distrutta, ma si resero conto che, invece, adesso avrebbero tutte dovuto accettare i funzionari imperiali e restituire i regalia, come previsto dalla dieta di Roncaglia. Da parte sua, Federico iniziò a capire che l’azzeramento delle libertates consuetudinarie era un sacrificio per tutta la Lombardia, una situazione che poteva portare le città lombarde a unirsi.

Così, nel 1163, il Barbarossa tornò in Italia e l’anno successivo tenne una dieta a Parma. Nella Lombardia vera e propria la situazione era ancora tranquilla, ma più a est, Verona, Padova e Vicenza, stufe delle angherie dei funzionari imperiali, si erano alleate nella Lega Veronese. Ma le questioni a cui doveva far fronte l’imperatore continuavano a crescere e, soprattutto, non aveva ancora risolto il problema dello scisma e della sua scomunica. Quando tornò per la quarta volta in Italia, nel 1166, anche le città della Lombardia si lamentarono con lui contro i podestà imperiali. Ma Federico non aveva tempo da perdere con quelle questioni e le liquidò velocemente. Il suo comportamento non piacque alle città che, deluse e offese, stipularono una nuova lega (Lega Cremonese) a Cremona, insieme a Mantova, Brescia e Bergamo, tornate al vecchio regime consolare, dopo aver cacciato i funzionari germanici. Le città giurarono di difendersi a vicenda, di risarcirsi reciprocamente i danni inferti e di tornare a difendere le consuetudini che avevano acquisito con il vuoto di potere dopo il 1024; il patto aveva durata di cinquanta anni e Milano era invitata a firmarlo. Il primo passo fu la ricostruzione delle mura di Milano, la sua resurrezione. Si unirono anche Lodi, Parma e Piacenza e altre.

Quando Federico ne ebbe notizia, mise al bando tutte le città, ma l’anno successivo le sedici città strette dalla Lega Cremonese e da quella Veronese si unirono per creare la Lega Lombarda, dotandosi di istituzioni comunitarie, costituite da un rettore per ogni città con carica annuale e indipendente dalle istituzioni cittadine. Federico, però, rientrò in Germania, dove lo attendeva una situazione altrettanto difficile, nel marzo del 1168. Nei mesi successivi, la Lega si dotò di un tribunale arbitrale in sostituzione del diritto di appello all’imperatore, che venne dichiarato illecito: una forte ingerenza nelle prerogative pubbliche. Inoltre, abbozzò linee di politica commerciale e doganale, sembrava quasi stesse cercando di sostituirsi all’impero e non solo difendendo le prerogative acquisite. Ma la Lega aveva anche dei punti deboli. Innanzitutto, era stata creata per la guerra e non per la pace, quindi per funzionare aveva bisogno di un nemico in comune (che, al momento, era in Germania, quindi non era pericoloso); era formata da città che per tanto tempo erano state contrapposte, quindi c’era il rischio di egemonie e di rivalità vecchie e nuove; infine, c’era confusione e contraddizione potenziale tra le prerogative delle città e quelle della Lega. Nel 1174, però, il Barbarossa tornò in Italia…

Ma di questo, vi parlerò nel prossimo appuntamento!

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